La Cassazione conferma, con l’ordinanza n. 27442/18 che il tasso di mora rientra nella verifica usuraria e il tasso soglia da considerarsi è quello derivante dalla Legge 108/96 e non quello fantasioso proposto da Banca d’Italia.
Con l’Ordinanza n. 27442 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza, conferma il proprio granitico orientamento secondo cui se il tasso di mora supera la soglia fissata dalla L. 108/96, si ha sempre usura contrattuale, senza applicare alcuna fantasiosa maggiorazione, come suggerito dalle Istruzioni di Banca d’Italia.
La sentenza della Corte d’Appello di Milano è stata così cassata secondo i quattro tradizionali criteri di ermeneutica legale: l’interpretazione legale, l’interpretazione sistematica, quella finalistica e quella storica.
Prima di questa ordinanza della Cassazione, molti tribunali italiani, compreso quello di Milano, avevano sempre escluso l’usura su leasing e mutui, anche quando il tasso di mora era superiore al tasso soglia.
La motivazione era sempre la medesima: gli interessi moratori e quelli corrispettivi sono ontologicamente diversi perché, mentre i corrispettivi remunererebbero il capitale, gli interessi moratori sarebbero assimilabili ad una penale. Tale differenza di funzione, induceva dunque i Giudicanti ad escludere l’usura, o meglio l’inclusione, nella verifica di usurarietà, anche degli interessi di mora.
La Cassazione, confermando il proprio orientamento, con la suddetta ordinanza dice che gli interessi di mora non sono sottratti all’applicazione della L. 108/96.
Al fine di evitare il proliferare di contenziosi sul punto, nella motivazione la Cassazione ritiene, in maniera alquanto dura e sarcastica, di “sgombrare il campo di analisi da espressioni sfuggenti ed abusate che hanno finito per divenire dei mantra ripetuti all'infinito senza una preventiva ricognizione e condivisione di significato il quale resta oscuro e serve solo ad aumentare la confusione e favorire l’ambiguità concettuale nonché la pigrizia esegetica”.
Viene così enunciato il seguente principio di diritto, a cui, secondo il principio di nomofilachia, dovrebbero adeguarsi i Giudici di merito (ma così non è, purtroppo): “è nullo il patto con il quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all'articolo 2 della Legge 7/3/96 n. 108, relativo al tipo di operazione cui accede il patto di interessi moratori convenzionali”.
E lo fa specificando che, per evitare ulteriore contenzioso sul punto, la verifica dell'usurarietà degli interessi moratori va effettuato confrontando puramente e semplicemente il saggio degli interessi pattuito in contratto con il tasso soglia calcolato con riferimento a quel tipo di contratto (secondo i Decreti Ministeriali pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale), senza alcuna maggiorazione od incremento (come previsto invece dalle direttive di Banca d’Italia, di cui viene confermata la non vincolatività né potere di derogare la legge).
In ultimo la Cassazione precisa che l’articolo 1815 c.c. secondo comma, che prevede la gratuità totale del prestito concesso, colpirebbe i soli interessi corrispettivi e non i tassi di mora, riconducendo questi al tasso legale nel caso di supero del tasso soglia di usura.
Ma questo ultimo concetto deriva dal fatto che nel ricorso in Cassazione, l’usurarietà degli interessi corrispettivi non era stato contestato, essendo coperto da giudicato nella sentenza della corte d’appello impugnata.